Porto X

di Valentino Infuso


A Porto X c’erano due cavalli -ci sono ancora, ma adesso sono tre-, che brucavano in armonia dall’alba al tramonto.
Zeus e Aron -questi i loro nomi- stavano sempre insieme, non facevano niente l’uno distaccato dall’altro.

Poi è arrivato Coco.

Dal suo arrivo, ci son voluti un po’ di giorni perché venisse accettato dagli altri due. Prima lo hanno preso a calci, poi però hanno finito con l’accoglierlo nel loro piccolo branco. Pian piano Coco ha fatto carriera, iniziando a prendere il sopravvento su Zeus, dal rubargli la razione di fioccato e di fieno, al pretendere il posto migliore nella stalla – e impedendogli spesso si entrarvi, lasciandolo addirittura sotto la pioggia-, financo al mordergli la chiappa per farlo spostare di qua piuttosto che di là, alla bisogna. È arrivato persino a spodestarlo dal suo posto di compagno esclusivo di Aron -che non ha esitato a sua volta a fare di Coco il suo nuovo migliore e unico amico. Insomma, sembrerebbe proprio che Coco sia diventato in poco tempo il bullo di Zeus, conquistandosi a tutto diritto il soprannome di El Coco Loco.

Sembrerebbe quasi che al povero Zeus non resti ormai che rimpiangere i bei tempi in cui era solo al porto con Aron e riporre le proprie speranze di una vita migliore, di nuovo serena e pacifica, in una necessaria dipartita del suo bullo. Anzi, se fossimo sceneggiatori di un cartone animato ispirato ai tre amati cavallini, sarebbe esattamente il tipo di pensiero che ci verrebbe da inserire nei dialoghi, magari una canzone, in cui il nostro povero sfortunato e triste protagonista rivela la sua infelice condizione al cielo stellato, in una sorta di storia strappalacrime per tutta la famiglia in onda solo sul DisneyVerso (anche se non ce lo vedo proprio Aron addobbato come una drag queen contesa tra i due).


Ma siamo sicuri sicuri che le cose stiano esattamente così come appaiono?

Riflettiamo.

Siamo così abituati a pensare che il nostro stato d’animo, la nostra felicità, il nostro dolore dipendano da qualcun altro – o semplicemente da qualcosa che è altro da noi-, proprio come Zeus potrebbe pensarlo di Coco, che non facciamo più caso alle corrispondenze.

Prendiamo il caso di una persona specifica, non importa chi o in che rapporto sia con noi, ognuno ha almeno uno di questi “altri”, esattamente come Zeus ha Coco!

 

Anzi, facciamo un esperimento.

Tu che stai leggendo -sì tu, tu, proprio tu!-, pensa ad una persona che senti abbia questa funzione nella tua vita: un genitore, un fratello o una sorella, un figlio, il partner o expartner, un amico d’infanzia, un collega, il condomino, il capufficio, il governo, chi ti pare… insomma, pensa a chi potrebbe essere il tuo… personale Coco Loco.

Facciamo così: cerca di individuare quella persona che se ti viene addosso, tu gli lasci il posto; quella persona che se è tranquilla allora la tua mente si placa; quella che se si agita, tu ti inquieti; se è arrogante e invadente, tu ti innervosisci; se è arrabbiata e aggressiva allora immagini di afferrare il primo oggetto contundente a portata di mano per scaraventarglielo in mezzo agli occhi -ma non lo fai, vero?-; se è amorevole, senti la tua anima più leggera, eccetera eccetera.

Ti ricorda qualcuno? Ecco, questo qualcuno è esattamente il tuo personale Coco Loco.

Ognuno di noi ha almeno uno, se non due o tre, Coco Loco nella propria esistenza, due o tre altri che assumono questo ruolo, altri cui dare la colpa della nostra infelice condizione. In tutte le fasi della vita, dall’infanzia alla vecchiaia. Cambia l’attore ma il personaggio è lo stesso, via via solo un po’ più complesso. Ci raccontiamo quanto possa essere semplice vivere sereni, tranquilli, se solo quell’altro la smettesse, se solo quell’altro fosse o facesse così piuttosto che colà, “ahhhhh, se solo mi amasse…” oppure “ahhhhh, se solo sparisse dalla mia vita…”, e così via. Insomma la nostra condizione dipende da quell’altro. Ridotti a vittima sacrificale in nome non si sa di chi o di cosa, sentiamo la certezza che la sua eliminazione fisica -ah, si è fortemente indotti a pensarlo- sia l’unica via perché sparisca anche questo sofferente rapporto di dipendenza del nostro essere dall’altro, proprio come potrebbe pensarlo Zeus rispetto a Coco.

 

Ma siamo sicuri sicuri che le cose stiano esattamente così come appaiono?

 

Tornando ai nostri beneamati cavallini, c’è da dire che, pur essendo entrambi equidi di grande stazza, Zeus è più grosso, (come già il nome ci annuncia, ed è anche più dotato, non possiamo negarlo), tanto da essere soprannominato il gigante buono. Basterebbe che reagisse con una qualsiasi, appena accennata, azione contraria, per redarguire quel bullo di Coco, ma non lo fa. Anzi, proprio nel rispetto del suo soprannome, il gigante buono, appena Coco si avvicina, si sposta; appena Coco si dirige verso la mangiatoia, lui gliela lascia; appena Coco arriva nella stalla, lui esce… Eppure -ripeto-, basterebbe che reagisse con una qualsiasi, appena accennata, azione contraria, per redarguire quel bullo di Coco… ma non lo fa.

Volete sapere come tutto questo ha avuto origine?
“Inavvertitamente”, per uno scatto provocato chissà da cosa -un insetto, un colpo di fucile, un sussulto di Aron o altro, non importa-, Zeus si è visto, forse involontariamente, Coco letteralmente addosso. E si è spostato, spaventato. Magari questo deve essere accaduto diverse volte. E questo potrebbe aver generato in Coco l’automatismo ad una dinamica per cui ad ogni suo sopravanzare Zeus senta la necessità, dettata dallo spirito di sopravvivenza, di ritrarsi e lasciargli fare. Oppure si tratta di una corrispondenza energetica per cui i due, testandosi, stabiliscono il loro rapporto di risonanza come vittima l’uno, carnefice l’altro. Un classico. 

Come è incredibilmente umana questa dinamica animale! Come ci riguarda! La nostra esigenza più o meno inconscia di far dipendere da qualcun altro la nostra condizione, emotiva, psicologica, fisica o energetica, è una dichiarata incapacità dell’essere umano di fronte all’Universo di accogliere il proprio potere, la propria Responsabilità . Da un grande potere deriva l’assoluta certezza di essere un vero coglione!”, dice Butcher, uno dei protagonisti della folle serie The Boys, parafrasando la più famosa frase dell’Uomo Ragno. “L’assoluta certezza di essere un vero coglione”, se non lo riconosci e non lo pratichi questo potere, preciserei io.

Poi, se andassimo ad indagare a fondo, rischieremmo di scoprire che c’è una certa corrispondenza con l’altro in questa dinamica, ovvero che l’altro a cui attribuiamo col suo comportamento la qualità del nostro esistere a sua volta attribuisce la qualità del suo esistere al nostro comportamento. Ecco la corrispondenza dialogica.

E se andassimo ancora più a fondo in questa indagine -superando la soglia della menzogna al di qua della quale ci piace sempre stare per difenderci dalla verità-, potremmo sempre rischiare di scoprire niente meno che siamo noi stessi a determinare nell’altro il comportamento che condiziona la nostra esistenza emotiva quotidiana! Cosaaaa?! Non è possibile essere così potenti vero? Se dipendesse da noi stessi la vita sarebbe un paradiso, vero? Mica siamo masochisti? Mica siamo autolesionisti? (Grande la differenza tra i due modi di essere: ai primi piace, ai secondi no ma ne hanno bisogno) Mica siamo così terribilmente ciechi o stupidi da non accorgerci di una tale evidenza? Infatti, non si tratta né di maso né di autolesionismi, e neanche di cecità o stupidità. Forse è solo vigliaccheria che sa di antico.

In cosa consiste questa vigliaccheria? Ogni volta che neghiamo il nostro potere ci riveliamo vigliacchi (e quindi “coglioni”?): negare a noi stessi che siamo noi stessi a determinare ciò che ci circonda, attribuendo agli altri o ad altro il nostro destino, è come piantare il seme primordiale della vigliaccheria. E sa di antico perché forse viene da lontano, da molto lontano nel tempo. Ma questo è un altro (sconfinato) discorso.

Credo personalmente che sia stato Zeus stesso a creare il suo Coco Loco. Colpo di scena, signore e signori e altri fluidi generi moderni!

E come l’ha creata, io credo, così Zeus è chiamato a spezzarla quella dinamica, in qualsiasi momento. Ma non lo fa. Non ancora, almeno. Non lo fa, non reagisce, non si ribella, e va a capire perché. Basterebbe un calcetto ben assestato per uscire dalla dinamica. Ma non lo fa. Certo, un esperto di psicologia e comportamento equino potrebbe rispondere a questo dilemma, ma non è questo il punto. Il punto è che Zeus il potere ce l’ha, ma non lo usa.   Da qualche luogo e tempo remoto in Zeus si è instillato il seme primordiale di questa vigliaccheria, ed ora Coco è semplicemente al suo servizio per permettergli di superarla, riconoscendo e mettendo in pratica il suo potere per sciogliere finalmente quell’antico nodo. Non serve eliminare Coco. Arriverebbe un nuovo Coco, anche sotto altre forme, continuando a metterlo ostinatamente di fronte alla stessa Prova.

Corrispondenze: Coco è lo specchio della vigliaccheria di Zeus. Ora che ci penso, è curioso quanto si somiglino, tanto da non riuscire facilmente a distinguerli da lontano.

A questo punto giunti, amici miei, questa storiella dei cavalli traslatatela un po’ come volete, sono certo che ci siamo capiti.

 

 

Ovunque v’è una corrispondenza dialogica.

Ogni atto d’Amore risuona nelle due direzioni, tra sé e l’altro; ogni atto Magico risuona nelle due direzioni, in una armonizzazione dialogica.
Senza corrispondenza dialogica non v’è atto.

Lo stesso Universo si espande in un susseguirsi di atti frutto di un dialogo continuo di risonanze, di corrispondenze.

 

Porto X, 2 novembre 2022