
R’Infuso
rubrica di poetosofia visionaria e magia neorealistica
da risorseggiare (sempre) con lentezza
R’Infuso delle 17
di mercoledì 26 novembre 2025
INDAGINE
SULLA MAMMA DI CAPPUCCETTO ROSSO
E SULLA CASA NEL BOSCO
in nove avvincenti interrogativi
Tutti sanno che a mandare la piccola Cappuccetto nel bosco fu la sua mamma.
La storia è stata raccontata in varie versioni e, quasi sempre, dal punto di vista della bambina. Qualche volta da quello del cacciatore che la salva, o del lupo che in fondo anche lui ha le sue necessità e le sue attenuanti, e talvolta da quello della nonna. Ma mai, questa storia, è stata raccontata dal punto di vista della mamma. Nessuno sa cosa abbia vissuto la mamma durante quell’avventura della sua figliola con la nonna, con il lupo e col cacciatore. Ora lo faccio io.
Viene facile pensare che la mamma fosse tanto premurosa nei confronti della nonna quanto incosciente nei riguardi della figlioletta. E questo la rende per la nostra sensibilità immaginativa un personaggio superficiale e incapace di allevare una figlia. Tanti sono gli interrogativi. Ma per ciascuno di questi io rispondo: avrà avuto le sue buone ragioni. E le vedremo tutte.
Analizziamo i fatti. Un giorno, e lo fa verso il meriggio – prima imprudenza – questa mamma dice alla sua piccola e unica figlia di andare dalla nonna a portarle la cena, che è tanto ammalata e bisognosa di cure.
Da qui, il primo interrogativo: ma non poteva andarci lei?
Ma aspettate… come faceva a sapere la mamma che la nonna fosse ammalata? Ci avete mai pensato? Evidentemente ci manca un pezzo. Quella mattina, la mamma si recò di buonora a casa della nonna per sincerarsi delle sue condizioni, avendone appurato, il giorno prima, il suo precario stato di salute. Eh sì, la mamma di Cappuccetto Rosso tutti i giorni soleva recarsi dalla sua di mamma per farle visita, per compagnia, per le spicciarle casa o per qualsiasi altra incombenza si palesasse necessaria.
Da qui, il secondo interrogativo: ma la nonna, già cagionevole e inabile, non si poteva trasferire a casa dalla figlia e della nipote invece di rompere i coglioni in mezzo al bosco?
Ma l’indagine è sulla mamma, non sulla nonna, per cui, non divaghiamo e andiamo avanti. Ad ogni modo, resta il fatto che la mamma non faceva altro che andare avanti e indietro per assistere la nonna. Quel giorno c’era già stata dalla nonna e pensò che le avrebbe fatto bene assai prepararle un bel brodo caldo di gallina. Così, afferro una delle sue gallinelle più mature, le tirò il collo, la spennò e la sezionò, per gettarne i pezzi nell’acqua con cipolla, sedano e carote, tutto nella pignatta approntata sul focolare a ribollire. Quel giorno, iniziato prima dell’alba, fu particolarmente faticoso per la mamma che, oltre a sbrigare le quotidiane faccende sue tra fattoria e animali, a casa della nonna si premunì persino di rinforzare le finestre e le porte, di ingresso e secondaria, dato che – come risaputo – gironzolasse nei paraggi un lupo particolarmente… audace. Questo lupo era soprannominato “Cattivo”, eh sì: come Lupo Alberto, Lupo Mannaro, Lupo Elkan, eccetera… il suo nome era Cattivo… Lupo Cattivo. Lo sappiamo perché fermato a un posto di blocco dalla guardia armata della foresta, uno di questi caragendarmiziotti confermò che sui documenti lui avesse proprio scritto così: Lupo di nome, Cattivo di cognome. Ultimamente la vita nei boschi era sotto stretto controllo e nulla più sfuggiva ai solerti ufficiali delle forze dell’ordine caotico, pronti a far rispettare ogni decreto reale per una vita boschiva a norma di legge.
Da qui, il terzo interrogativo: allora si chiamava Cattivo, ma non era cattivo?
Esatto. Ma tutti persistevano nel fraintendimento, nell’equivoco. D’altronde, niente di più facile che pensare al lupo come un’entità malvagia, pronto a divorare tutto e tutti solo per il gusto di farlo. E invece no! Lupo Cattivo non era come il lupo di Kirov o di Ansbach. Lupo Cattivo non mangiava le persone. Solo qualche pollo, qualche gallina. Ogni tanto qualche gatto. Ma di ogni cosa ne mangiava di più la Volpe che, non sazia dell’uva che disprezzava, rappresentava un vero e proprio flagello occulto, furba com’era nel lasciare tracce inequivocabili atte a depistare l’attenzione degli abitanti verso il lupo a cui attribuivano la colpa di quelle nefandezze. Ma il Lupo Cattivo era solo un po’… stravagante, diciamo così. Amava travestirsi da donna, tutto qua. Ma nessuno lo sapeva. Comunque, torniamo alla mamma. Dicevamo che era stato, per i suddetti motivi, un giorno particolarmente faticoso. Portò via anche tutti i panni sporchi per andare al fiume a lavarli, che la nonna ormai non aveva più niente di pulito da mettersi. Dopo aver preparato il brodo, sentì l’assoluto bisogno di riposare e decise così di incaricare Cappuccetto della consegna, che tanto la strada la conosceva a menadito, dato che anche quella mattina si erano recate in loco insieme. Conoscevano alla perfezione quel sentiero nel bosco e Cappuccetto avrebbe solo dovuto mollare il fagotto dalla nonna e tornare. “Sta attenta al Lupo Cattivo!”, si raccomandò la mamma. Lo fece svogliatamente, non per un reale pericolo. Avrebbe potuto dire “metti il cappuccio sopra la testa”, che sarebbe stato uguale – a parte il fatto che il cappuccio Cappuccetto non se lo levava mai –, era una semplice raccomandazione, espressa più per il senso innato del dovere materno che non per una reale necessaria raccomandazione. Consegnò il fagotto alla figlioletta, le diede un bacino sulla testa, ossia sul cappuccetto, chiuse la porta dietro di sé e tirò un grande sospiro di sollievo, come a dire: ora è il mio sacro momento di relax. E va bene, a questo punto diciamo la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. La mamma aveva un secondo fine. È vero. Era d’accordo con la nonna che l’avrebbe dovuta tenere un po’ con sé quel pomeriggio per lasciarle… campo libero. Era vedova da prima che nascesse Cappuccetto. Il papà, dopo averla concepita, morì in battaglia, non si sa quale, e neanche importa. Resta il fatto che la vedova, pur mantenendosi ancora una donna piacente, non aveva trovato più un altro partito che la prendesse in moglie. Ma qualcuno che frequentava c’era, di rado e con discrezione: il cacciatore. E quel pomeriggio, il cacciatore, tornato in paese – era un professionista, si spostava di località in località, di fauna in fauna, di flora in flora, in base alla stagionalità di ciò che era più consono e proficuo cacciare –, incontrò per caso la mamma nel bosco mentre rincasava con Cappuccetto. Trattenendo la loro fremente passione davanti alla piccola, riuscirono a darsi cripticamente meritato e anelato appuntamento per l’indomani.
E da qui, il quarto interrogativo: ma intanto, che fine ha fatto cappuccetto?
E questo lo sappiamo, no? Quello che non sappiamo è la verità di quello che è accaduto alla nonna prima che arrivasse la nipotina. È il momento di confessare: la nonna non era ammalata. La mamma si inventò questa scusa per esortare la piccoletta a stare con la nonna prendendosene cura. La nonna stava benissimo, aveva i suoi movimenti e quel pomeriggio era già d’accordo con Lupo Cattivo, con cui si frequentava amichevolmente da un po’, che si sarebbero dovuti vedere per i loro giochi… particolari.
Da qui, il quinto interrogativo: ma allora… la nonna lo stava aspettando il lupo?
Eh sì. Lo stava aspettando. Insieme giocavano: a ramino, a mosca cieca, a scopa e a strip poker. Ma lo strip poker non finiva con la perdita totale dei vestiti, ma con l’appropriazione: chi perdeva si toglieva i vestiti, e chi vinceva indossava i vestiti conquistati. E il lupo era bravissimo in questo gioco.
Capite? State iniziando a capire? Quando arrivò Cappuccetto… la nonna era ignuda e il lupo, che vinceva come al solito, aveva indosso tutti i vestiti conquistati alla nonna, occhialetti e la classica cuffietta compresi. E al Lupo Cattivo, come già detto, piaceva tantissimo travestirsi.
Da qui, il sesto interrogativo: Ma non s’era detto che la nonna sapeva dell’arrivo imminente di Cappuccetto col brodo di gallina?
E certo. Ma si verificò un effetto domino dalle conseguenze devastanti: il cacciatore aggiunse dalla mamma in anticipo. La mamma, non sapendo nulla del “vizietto” della nonna, tanto meno quello del lupo – ah, tra l’altro da qui il detto che il lupo perde il pelo (a strip poker) ma non il vizio… – inviò anzitempo la bimba via per la consegna. La nonna, anche un po’ brilla diciamocelo, non se l’aspettava così in anticipo e quando se la vide arrivare precipitò nel panico, voleva fingersi morta, e non le venne altro che l’idea di mandare avanti Wolfy – così lo chiamava affettuosamente – giacché, vestito come lei, avrebbe benissimo potuto crederci la piccola rintronata di sua nipote, e incitò forsennatamente il povero canide ad aprirle. Diciamolo: non doveva nutrire una grande stima la nonna della sua nipotina per credere che potesse scambiare un lupo travestito per la sua nonnina.
A proposito, sovviene un settimo interrogativo: ma la nonna non aveva fatto rinforzare finestre e porte per evitare che entrasse il lupo?
Era quello che aveva raccontato alla figlia, che eseguì i lavori. In realtà la nonna ebbe la soffiata proprio dal Lupo Cattivo circa il mettersi in guardia dalla volpe famelica che avrebbe colpito in quella zona. Ma questa rivelazione non poteva la nonna riferirla alla figlia col rischio di ingenerare inopportuni sospetti e insidiose domande.
Ma torniamo ai fatti. La piccola era alla porta col suo fagotto di brodo caldo – quanto effettivamente ne sia riuscita a conservare questo non è dato di sapere –; la nonna, completamente ignuda, si infilò sotto al letto; il lupo, tremante per l’imbarazzo e nel timore che potesse essere riconosciuto – cosa che in quella mise gli avrebbe creato di certo grandissimo imbarazzo – se ne stava dietro la porta chiedendosi se aprire o meno, ma sentendo nel panico di non avere scelta. Un increscioso stallo boschivo, per non dire, che bella situazione di merda.
Il resto è storia. Il lupo per non farsi sgamare dalla bimba, che tanto scema poi in fondo non era, si inventò tutte quelle risposte che ben conosciamo: “è per guardarti meglio”, “è per accarezzarti meglio”, “è per annusarti meglio”, eccetera.
Da qui, l’ottavo interrogativo: ma lo sappiamo tutti che disse anche: “è per mangiarti meglio!”… quindi il lupo se la mangiò la bambina oppure no?
No. Il lupo disse sì “È per mangiarti meglio!”, ma si riferiva al brodo! Guardava il brodo. Non ci credete? Non è plausibile? Avete presente… un po’ come Alberto – non Alberto Lupo, ma Alberto Sordi – che dice al piatto di spaghetti: “Maccherone, m’hai provocato e io ti distruggo, adesso me te magno!”? Ecco, così proprio. Tant’è che cappuccetto scoppiò a ridere, e non a urlare di spavento. I lupo lo fece per farla ridere. Il casino esplose con l’arrivo del cacciatore.
Da qui, il nono interrogativo: ma il cacciatore non stava con la mamma? Perché andò dalla nonna?
Infatti, vi siete mai chiesti che ci facesse un cacciatore a casa della nonna, riuscendo al fin a scoprire il presunto delitto commesso dal lupo, come si racconta nella versione tradizionale, ed assolutamente menzognera, della storia? Ve lo dico io che ci faceva: era stato inviato dalla mamma, visto ch’era ormai sera, a riprendere la piccoletta per riportarla a casa. Mai avrebbe immaginato la mamma la tresca imbarazzante tra il lupo e la nonna! Così il cacciatore – bello arzillo e ringalluzzito in seguito a qualche soddisfacente ora d’amore e coccole con la mamma – si presentò alla porta della casa della nonna proprio nel momento delle sguaiate risate di Cappuccetto, confondendole per urla che, unitamente al vocione inequivocabile del lupo, lo sospinsero senza pensarci un attimo a sfondare la porta anti-volpe – ops, anti-lupo –, a fiondarsi col suo coltellaccio sul povero lupo, squartandolo da parte a parte. La nonna, da sotto al letto, uscì urlante e piena di sangue del lupo, che inondò anche
Cappuccetto… che casino. La nonna, calmatasi per quanto poté, raccontò tutta la verità al cacciatore che, per salvare l’onore della vecchia si inventò la storia dell’aver trovato dentro lo stomaco del lupo nonna e nipote… A Cappuccetto, completamente sottoshok, fu detto di essere stata mangiata in un sol boccone senza neanche accorgersene e che lui poi le aveva liberate, bla bla bla…
Bene. Ora sapete la verità su quel fattaccio. Scoppiò un bel caso mediatico. Per secoli vi siete bevuti la balla del lupo cattivo nel bosco e del cacciatore salvifico, della nonna rincoglionita e della mamma inadeguata. Per secoli vi hanno fatto credere quello che volevano. Serviva solo a diffondere tra voi la credenza che i lupi sono malvagi, per giustificarne per legge la mattanza.
La morale della favola
Non credete a quello che vi raccontano su chi vive nel bosco.
Il più delle volte serve solo a nascondere la verità su qualche nuova legge
volta a stabilire i nuovi parametri della malvagità,
e della libertà.
Valentino Infuso
Immagine: “Stramba casa nel bosco”
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