
R’Infuso
rubrica di poetosofia visionaria e magia neorealistica
da risorseggiare (sempre) con lentezza
R’Infuso delle 17
di mercoledì 12 novembre 2025
SEPARATI KARMICI
Prologo
La bimba viveva con la sua mamma. Ma sarebbe meglio dire che anima della bimba viveva con anima della sua mamma.
La bimba se la passava bene, la mamma era molto premurosa, non le faceva mancare nulla, sia nel corpo che nello spirito.
Era amorevole, affettuosa e premurosa. Anche talvolta divertente. Eppure, a quella bimba qualcosa mancava… il suo papà.
1
Non lo aveva mai ancora rincontrato in questa sua vita successiva, non sapeva chi fosse, e neanche la mamma lo sapeva. Non sapeva, la mamma, neppure che quell’anima fosse la sua bimba di un tempo passato. Si ricordava di quando erano fratello e sorella, ma non di quando lei fu la sua mamma.
In questa vita, alla bimba mancava il suo papà.
Lo cercava in ogni anima che risuonava di quelle note vibrazionali che sanno di casa, o meglio, di nido. E quando avvertiva quella risonanza, scattava in lei un richiamo ancestrale alla coccola, allo stare insieme, all’amore, alla tenerezza, all’appartenenza. Ed ella eleggeva quell’anima, così vibrazionalmente riconosciuta, affine alla sua.
Un giorno d’autunno, la bimba riconobbe in un’anima il suo papà. Questa “affinità elettiva” non era lucida, eppure la bimba la sentiva assai forte dentro di sé.
Non disse nulla alla sua mamma.
Iniziò a frequentare il suo papà, e fu bello. Anche se a volte dubitava che lo fosse, l’amava. Gli altri intorno non si spiegavano, non potevano. Una volta fecero anche il bagno in mare di notte sotto la luna. Ma la bimba, in virtù della forza del legame con la sua mamma, capì – no, non capì: comprese senza capire – che quell’anima del suo papà l’avrebbe potuta e voluta condividere con la sua mamma, e che quella possibile unione doveva essere quanto di più giusto e sacro, fra tutti e tre, poteva essere.
Così, un giorno le fece conoscere il papà, che con la mamma si rivelò subito assai legato. E la mamma lo stesso con lui. Ma durò poco. In terra di Puglia lo specchio si ruppe. Era assai cagionevole quel papà, e le sue richieste di accudimento e di guarigione costantemente perpetrate nei confronti della mamma, unita alla sua visione autoreferenziale delle cose, portarono ad escludere la figlia dalle amorevoli attenzioni paterne. Il papà finì con l’allontanarsi canticchiando Suzanne, e alla fine trovò un’altra famiglia, e fece un bimbo tutto suo. Quella canzone la bimba non riuscì più ad ascoltarla. Soffrì molto, per tanto tempo, si sentì abbandonata, e lungo fu il processo di alleggerimento del peso di quel dolore. Ma aveva sempre la sua mamma.
Forse, pur sentendo così vicina quell’anima, comprese che poteva non essere quella del suo papà. Ad ogni modo, la bimba rimase grata a quel primo papà ritrovato, pur nella distanza che si rese necessaria.
2
Poco dopo, in quella necessaria distanza, la bimba riconobbe un secondo papà, forse ancor più vicino alla sua anima di quanto non lo fosse stato il primo.
Insieme, lui e la bimba, iniziarono a correre sulla battigia, a giocare ai travestimenti e a nascondino, a viaggiare, a condividere i momenti difficili e a crescere insieme. Forse quel papà avrebbe addirittura voluto adottarla, ma lei sentiva così di abbandonare la mamma, a cui aveva tenuto nascosto che quell’anima… era il papà ritrovato. Forse – si raccontava lei stessa – per evitare che accadesse quello che accadde col primo papà.
Ma un giorno, in Spagna, la bimba si mise a nudo raccontando tutto alla sua mamma che, pur avendone avuto da sempre il sentore, non aveva fatto altro che omettere la verità a se stessa. Ne era felice e ne soffriva, tanto, chiedendosi ostinatamente il perché di quella esclusione. La bimba non voleva stare per sempre da sola col suo papà. Si ritrovò così a fare una scelta: o allontanare per sempre il suo papà per dedicarsi alla mamma, o far sì che stessero tutti e tre assieme… Avrebbe voluto portarlo nel suo mondo, ma allo stesso tempo la bimba aveva paura che il papà non fosse preparato e che le cose potessero precipitare in una vicinanza condivisa. Eppure, la speranza in cuor suo era sempre quella che il suo papà e la sua mamma un giorno potessero amarsi, amarsi così tutti e tre. E fu bellissimo. E fu terribile. E poi ancora bellissimo. E ancora terribile. Per tre mesi, fu bellissimo e terribile. Non poteva tutto ciò andare avanti così. La bimba smise di parlare al suo papà, non riusciva a trovare un modo giusto affinché insieme tutti e tre potessero essere solo felici; vedeva il papà soffrire in quella condizione e, vedendo che non era nella sua natura, lo lasciò andare via. Il papà, pur auspicando la separazione, non la prese bene e finì con lo stare tanto male. Arrivò ad odiare profondamente quella bimba, per non essere come lui voleva, e quella mamma che, a suo sentire, plagiava la bimba. Di quel papà, alla fine, non se ne seppe più nulla da allora. Qualche voce afferma che trascorra parte del suo tempo ad umiliarsi in pubblico tra le strade di Roma.
Forse, pur sentendo così vicina quell’anima, comprese che poteva non essere quella del suo papà. Ad ogni modo, la bimba rimase grata a quel secondo papà ritrovato, pur nella distanza che si rese necessaria.
3
Intanto la bimba cresceva. Si dedicò, assieme alla sua mamma, all’edificazione di un nuovo mondo. La mamma era felice, perché, anche se di quando in qua la bimba manifestava slanci verso anime che la richiamassero al suo papà, era diventata più saggia e a meglio riconoscere un suo bisogno, una sua mancanza dalla Verità della sua anima.
Dopo qualche anno apparve per caso, in quel nuovo mondo, tra filosofi e pirati, un terzo papà. L’anima della bimba e del papà si riconobbero subito senza alcun dubbio. Per certi aspetti questo nuovo papà aveva qualcosa che ricordava il secondo papà. Anche la mamma si accorse immediatamente di quello che stava per accadere. Di nuovo. Ma questa volta fu diverso. La mamma si ritrovò a condividere da subito quella riconoscenza tra la sua bimba e l’anima in cui lei credeva – perché la mamma credeva fermamente fosse soltanto creduta e non reale, ancora una volta, la loro appartenenza – essere il suo papà. La mamma tanto si sforzò per sentire un’appartenenza con l’anima di questo terzo ritrovato papà; fece di tutto per esserci; non voleva essere di nuovo esclusa. Il papà, spaesato dal canto suo, cercò di fare di tutto per boicottare questi sforzi, non voleva la mamma ma solo la sua bimba, così si adattò, pur non riuscendoci. Eppure la bimba, quando accadeva che la mamma e il papà smettevano di sforzarsi, vedeva quanto tutto fluiva, tutto era bello e armonioso. E magico. Ma le resistenza del papà, che non sapeva quel che voleva, e della mamma, che stava per ammalarsi a furia di sforzi, la facevano soffrire. Tanto. Fu il papà questa volta a decidere di andare via. La mamma tirò un sospiro di sollievo ma gli chiese un’ultima volta di ripensarci, perché sapeva bene quanto questo avrebbe fatto soffrire la sua bimba. O forse per non subire il peso sottile dell’inadeguatezza, chissà.
La bimba capì, e augurò buon viaggio in solitaria al suo papà. Eppure lui le aveva promesso un viaggio a Parigi… che non fece mai. L’ultima foglia d’autunno cadde, e con essa ciò che del suo papà era rimasto nel suo cuoricino. E fu quello l’esatto liberatorio istante in cui la bimba sentì che avrebbe potuto riavvicinare ancora il suo papà, da sola, alleggerendo la mamma dei suoi sforzi.
Si ritrovarono, da soli, e fu un Natale carico d’amore. Era lui il suo papà, lo aveva finalmente trovato. La mamma sapeva, e piangeva. Il papà chiese di ritornare. La mamma l’accolse. Anche con questo terzo papà, fu bellissimo e terribile. Bellissimo e terribile. La mamma stava per morire. Decise di guarire e lo allontanò. La bimba si avvicinò, da sola, ancor di più al suo papà. E il suo papà a lei. Si ritrovarono a fare cose che fino a quel momento non avevano mai vissuto. Il papà iniziò profondamente a riconoscere in lei la sua bambina.
La bimba non abbandonò la sua mamma. Così come non abbandonò il suo papà.
Tuttavia, quando stava in amore con la mamma sentiva di far del male al suo papà.
Tuttavia, quando stava in amore col papà sentiva di far del male alla sua mamma.
Era felice e affranta costantemente. Sia dalla mamma, sia dal papà. Non poteva scegliere, non era giusto. Non voleva quella separazione, voleva unione. Però non sapeva più cosa fare. Era vero: la presenza e il modo di agire del papà facevano violenza alla mamma, anche se l’amava in qualche modo. Anche la mamma l’amava, ma non poteva farsi ammazzare, dal suo stesso corpo, per questo, e finì per non sopportarlo più.
Finché la bimba, non sapendo più che fare, si arrese: non potendoli avere entrambi, insieme, in amore ed armonia, decise di crescere. Aveva compreso che in realtà, non c’era più bisogno né della mamma, né del papà che aveva sempre cercato in quelle anime speciali. Era ella stessa la sua mamma, era ella stessa il suo papà. Diede un bacio all’una, diede un bacio all’altro e si incamminò per la sua via.
Fine
Anzi, no. Non è finita…
4
Senza la bimba, la mamma divenne disperata, voleva morire, aveva perso ogni scopo; pensò, tentandolo, persino di farla finita. Il papà, senza la sua bimba, divenne disperato anche lui, si sentiva tradito e abbandonato, sentiva di aver fallito per l’ennesima volta in questa vita e che nulla più avesse senso, sotto il peso di questa inesorabile incapacità esistenziale.
La mamma e il papà si incontrarono e fu la resa dei conti: o sarebbero rimasti insieme senza la bimba o avrebbero lottato per soluzionare un debito lontano.
Lottarono. Poi stettero assieme. Poi lottarono. Il papà spinse la mamma che sbatté la testa contro lo spigolo di marmo del comodino, e svenne. Ma rinvenne e colpì con l’abat-jour la testa del papà, che ruzzolò per le scale, spezzandosi il femore. Si rialzò e le diede un bacio in bocca, ma alla fine la mamma, che ricambiò il bacio, avvolse una corda intorno al collo del papà e lo impiccò; il papà legò l’altra estremità della corda al collo della mamma, impiccandola a sua volta. Tossirono. La corda si ruppe. Ancora col cappio al collo, la mamma prese il coltello a doppio taglio che forgiò lei stessa e colpì al ventre il papà, che in tutta risposta, prima di soccombere, estrasse la pistola a canne mozze di sua zia e le sparò un colpo in fronte. Caddero entrambi a terra, stecchiti. Sospirarono, strisciarono l’uno verso l’altra, si accarezzarono il viso, si diedero un bacio… fecero l’amore. Guarirono dalle ferite. Si alzarono in piedi. Aprirono una bottiglia di vino fine e brindarono assieme, prima di gettarsi giù dal quinto piano. Dopo aver sbattuto contro la ringhiera di ciascun piano, fino al primo, si fracassarono al suolo. Un gatto leccò le loro ferite e si rialzarono.
Guardandosi negli occhi, compresero che tra le loro anime non ci sarebbe stato mai più alcun nodo nelle vite future e che tutto era possibile, che tutto era Scelta.
Epilogo
Nella vita successiva, le tre anime, della bimba, della mamma e del papà, si ritrovarono, riconoscendosi senza capire, davanti al mare: tre bimbi saggi che decisero di costruire assieme un bellissimo castello di sabbia. E nulla più.
Fine
(quella vera)
Anzi, no. Veramente, non è finita ancora…
Valentino Infuso
Immagine: “Per andare dove dobbiamo andare?”
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